Dovrei investire in Google?...emh scusate, volevo dire in Alphabet

Pablo René-Wormsjuin 14
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Avete mai sentito parlare di Alphabet? Sai, quella società la cui piccola succursale ti aiuta ogni tanto nelle ricerche su Internet. No? Bene, Alphabet, nella tua vita, è ovunque e la piccola succursale di cui stiamo parlando si chiama Google. Sì, hai capito bene, Google è solo un marchio ed è in realtà parte di una società che comprende altri servizi. Che tu stia facendo una ricerca online, guardando un video su Youtube, facendo shopping su un sito e-commerce o telefonando con il tuo cellulare, l'azienda di Mountain View è onnipresente e penetra in ogni poro della nostra vita quotidiana.

Se Alphabet è ovunque, allora conviene investirci, no? Dopo tutto, è stato detto che, finché esisterà Internet, ci sarà business per Google. Ma diamo un'occhiata più da vicino.

Se avessi scelto di investire in Alphabet negli ultimi anni, il tuo guadagno sarebbe stato decisamente consistente. Immaginate: 1.000 dollari investiti nel gigante di Internet all'inizio del 2010, oggi varrebbero circa 7.790 dollari! In confronto, la stessa somma investita nello stesso periodo nell'indice di riferimento americano, lo S&P 500, avrebbe reso quasi 3.370 dollari. La tendenza è stata confermata anche nell'ultimo anno, visto che il prezzo delle azioni di Alphabet è aumentato del 66% dal giugno 2020, contro il 35% di tutte le società dello S&P 500.

Alphabet = Google?

Ebbene sì, Google è una filiale di Alphabet, ma è sempre stato così? Qual è il vero significato di questa organizzazione? E quali sono le altre attività del gigante californiano? 

Prima di tutto, Google non è sempre stata una società sussidiaria di Alphabet. Il cambiamento, in realtà, è stato abbastanza recente e risale al 2015.

La prima motivazione dietro questo cambiamento è che Google ha scelto di mettere in evidenza le sue altre aziende. Per il pubblico comune, Google è sinonimo del motore di ricerca e dei servizi ad esso collegati (Gmail e YouTube sono i più popolari). Ma, dalla sua creazione, il gruppo è cresciuto enormemente e ha utilizzato i suoi profitti per sviluppare nuove attività: ricerca scientifica per l’allungamento dell'aspettativa di vita (Calico), progettazione di oggetti connessi per la casa (Google Nest) e persino ricerca sull'intelligenza artificiale (X).

Il desiderio di compiacere e rassicurare gli investitori è un’altro motivo che ha portato alla creazione della sovrastruttura di Alphabet. Grazie a questa riorganizzazione, ora è più facile identificare i diversi rami dell'impero di Google. È una buona notizia per gli investitori, visto che generalmente esiste l’idea condivisa per cui, un'azienda che accumula troppe attività diverse, corre il rischio di diventare dispersiva, perdere efficienza e capacità di innovazione e, infine, il suo valore.

Separando tutte le sue filiali, il gigante di Mountain View è diventato più trasparente per gli investitori. Oltre a questo, isolare ogni società sussidiaria rende anche più facile separarsi da una di esse se le cose vanno male, o, se vanno eccezionalmente bene, renderla autonoma – o addirittura quotarla in borsa. Il vantaggio finale di questa riorganizzazione è che gli investitori possono ora analizzare le prestazioni delle diverse entità che compongono l'universo Alphabet.

Da dove arrivano i guadagni di Alphabet?

Le attività di Alphabet possono essere divise in tre categorie principali: il motore di ricerca e la pubblicità online, il cloud di Google Workspace (come prodotto più noto) e ciò che l'azienda chiama le sue "altre scommesse”: ne sono degli esempi la ricerca sulla salute, l’intelligenza artificiale o la piattaforma di videogiochi Stadia.

Per scoprire un po' di più sulla ripartizione delle entrate di Alphabet, basta immergersi in uno dei nostri documenti preferiti: il rapporto sugli utili. Nel rapporto Q1 2021 pubblicato da Alphabet, possiamo vedere come dei 55 miliardi di dollari di entrate generate da Alphabet in questo trimestre, 44 provengano dagli spazi pubblicitari venduti dall'azienda sulle sue varie piattaforme (principalmente motore di ricerca, Youtube, Google Play e Google Maps), il che li rende di gran lunga la prima fonte di entrate per la società (circa l'80%).

Alphabet guadagna anche da altri servizi, come la vendita dei suoi telefoni Pixel e gli abbonamenti alle sue piattaforme YouTube Premium e YouTube TV, che rappresentano poco più di 6 miliardi di entrate nel primo trimestre del 2021 (circa l'11% delle entrate dell'azienda). Seguono i servizi cloud, che portano con sé quasi il 7% delle entrate del gigante californiano, e infine le "altre scommesse”. Queste rappresentano solo una piccola parte delle entrate ma, essendo tutte scommesse sul futuro, è da lì che potrebbe emergere il prossimo gioiello di Alphabet.

Facebook, il competitor principale

Google è enorme, ovviamente. Ma l'azienda non è sola nel mercato della pubblicità online e il suo principale concorrente non è nient’altro che Facebook. Si stima che, insieme, i due giganti americani controllino oltre il 63% del mercato della pubblicità online. Una situazione che si chiama duopolio e che generalmente viene considerata negativa per i mercati, ma molto buona per gli affari. Mentre Google e Facebook competono ferocemente, avere solo un altro grande concorrente aiuta entrambi a mantenere le loro enormi entrate pubblicitarie.

Questo non vuol dire che non ci siano ostacoli per Google. I consumatori e le autorità di regolamentazione sono sempre più scettici riguardo il potere che l’azienda ha sul mercato della pubblicità. Google ha appena ricevuto una multa record di 220 milioni di euro dall'Autorità garante della concorrenza francese per aver favorito i propri servizi nel settore della pubblicità online. Alphabet sta anche affrontando svariate critiche riguardo alla sua immersione nella vita privata di tutti. Critiche che hanno portato l'azienda ad aggiornare la sua politica sull'ad tracking con lo scopo di rendere più difficile la raccolta di dati personali.

In futuro, investire in Google – scusate, Alphabet – sarà fondamentalmente una scommessa sul fatto che l'azienda possa mantenere la sua posizione di leader nel mercato della pubblicità online o se sarà in grado ad adattarsi ai potenziali cambiamenti del mercato. Sai, quelle famose "altre scommesse".

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